Questo articolo è il quinto “episodio” di una serie dedicata alla figura di Einstein e agli anni compresi tra la nascita della relatività speciale e generale, anni fondamentali per la scienza e la filosofia del ventesimo secolo (e non solo).
Consideriamo un disco rotante a grandissima velocità, vicina a quella della luce. Poniamo un regolo che misura le lunghezze sulla circonferenza e uno sul diametro. La relatività ristretta prevede che il regolo sulla circonferenza, visto da un osservatore in quiete rispetto al disco rotante, si accorci, mentre il regolo posto sul diametro non cambi la sua lunghezza.
Questo significa che se proviamo a misurare il rapporto fra il diametro e la circonferenza di questo disco rotante il risultato è un numero inferiore a pi greco, cioè è un numero minore di 3,14….. Sembra quindi che la geometria della relatività non sia più quella euclidea.
Geometria euclidea significa che in ogni punto dello spazio se vogliamo misurare una distanza possiamo usare il teorema di Pitagora. Ad esempio, in 3 dimensioni d2 = x2 + y2 + z2. Le distanze, nelle geometrie non euclidee possono essere più grandi o più piccole di quella euclidea, a seconda che la curvatura sia positiva o negativa. Non solo, addirittura il modo in cui si misurano le distanze può cambiare da posto a posto. Questo tipo di geometria si chiama “riemanniana” e Einstein per formulare la sua nuova teoria dovrà impararla da zero, dal suo amico matematico Marcel Grossmann.
Potete trovare il primo articolo di questa serie qui.
Vincenzo Fano è docente ordinario di Logica e Filosofia della Scienza presso il corso di laurea magistrale in Filosofia dell’Informazione. Teorie e Gestione della Conoscenza dell’Università degli studi di Urbino Carlo Bo.