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La metafisica ingenua di Severino e la scienza

Giocherellando col principio di non contraddizione – una sorta di trip lisergico per i filosofi neoscolastici – a un certo punto Severino si convince di una cosa. Meglio, di due. Il principio non è negabile, chi lo fa va incontro all’obiezione delle obiezioni, l’élenchos aristotelico: chi nega il principio in realtà inconsapevolmente lo afferma (‘anairòn ton lògon ypomènei logon’).

Ma Aristotele non gli basta perché, pur avendo formulato un argomento decisivo in realtà non si accorse, a suo dire, di un fatto essenziale: il principio ha una portata ontologica che, se sviluppata fino in fondo, conduce inevitabilmente a negare il divenire, nella misura in cui quest’ultimo vale come negazione della stabilità e della consistenza ontologica degli enti. Questo Aristotele non lo vide bene.

A questo punto il Nostro, ancora non pago, compie un passo ulteriore, mette in campo quella che potremmo definire una sorta di ‘deduzione trascendentale’: dato ciò che è è, ed è impossibile che non sia, allora ciò che è deve necessariamente essere eterno. Ciò presuppone, a livello metafisico, due assunzioni di base: la saldatura fra logica e ontologia e una concezione dello spazio e del tempo desunta dal senso comune (lo spazio come contenitore e il tempo come orologio). Severino è consapevole della prima assunzione, e infatti ha cercato più volte di giustificarla (ad esempio in una discussione con Vattimo), senza però riuscirci (era questo fra l’altro uno dei punti contestati da Bontadini).

È invece del tutto ignaro della seconda, non si avvede che la sua singolare ‘deduzione’ presuppone/implica uno scenario che potremmo definire da ‘fisica ingenua’, per dirla con Paolo Bozzi. Severino usava spesso l’analogia della pellicola cinematografica (suggeritagli in realtà dal suo allievo Natoli). Il divenire è la proiezione del film, l’illusione dell’entrare e dell’uscire dall’essere. In realtà i fotogrammi sono sempre lì, sulla pellicola, sia prima che dopo la proiezione. Gli stati del mondo sono come i fotogrammi che si manifestano al nostro sguardo, e l’entrare e l’uscire dal nostro orizzonte visivo ci dà l’illusione del divenire.

In realtà si tratta di un inganno percettivo, o meglio di una cattiva lettura di ciò che vediamo. Vediamo il susseguirsi degli stati ma erroneamente lo interpretiamo come l’uscire e l’entrare dal nulla.

Questa immagine mentale regge l’impianto severiniano e si fonda su un assunto metafisico: gli stati del mondo ‘procedono’ senza mai annientarsi, dentro uno spazio e secondo un ordine cronologico con la precisazione che il ‘prima’ e il ‘poi’ non implicano il venir meno della consistenza ontologica. Il prima e il poi si riferiscono all’orizzonte visivo dell’uomo che però, istruito dal Destino, saprebbe che il tramontare del sole (altra metafora ricorrente) non implica il venir meno del sole.

Dunque, la ‘deduzione’ conduce Severino a formulare una descrizione empirica del mondo che, come tale, non può non entrare in conflitto con la descrizione scientifica del mondo. Severino non elabora il punto, assume implicitamente e inconsapevolmente un punto di vista – una metafisica – in cui lo spazio funge da ‘contenitore’ universale e il tempo da ‘cronometro’ del dispiegarsi della successione degli stati. Da un principio logico fa derivare impropriamente conseguenze empiriche (primo errore) senza tenere conto (secondo errore) del fatto che esse vanno a ‘sbattere’ contro i risultati della ricerca scientifica (ad esempio, spazio e tempo non sono entità fisiche separate, e inoltre non sono ‘assolute’ ma relative all’osservatore).

Evidentemente non gli fu mai noto il vecchio adagio sellarsiano: in the dimension of describing and explaining the world, science is the measure of all things, of what is that it is, and of what is not that it is not (nella dimensione di descrivere e spiegare il mondo, la scienza è misura di tutte le cose, di ciò che è che c’è, e di ciò che non è che non c’è).

Abbiamo parlato di metafisica anche qui.

Francesco Gusmano (Catania, 1970), laureato in lettere classiche, ha condotto studi e ricerche sul pensiero contemporaneo. Tra i temi oggetto di interesse, la filosofia di Wilfrid Sellars. Ha pubblicato vari articoli su riviste e periodici. Si occupa di giornalismo culturale e di problemi legati al mondo dell’informazione.

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