Per Aristotele era ovvio che le sedie e i tavoli che percepiamo sono qualcosa di indipendente da noi che possiamo conoscere così come sono attraverso la percezione. Per Platone, invece, era ovvio che la realtà è qualcosa che va al di là delle apparenze sensibili e la possiamo conoscere. Possiamo chiamare la prima tesi “realismo di senso comune” e la seconda “realismo scientifico”.
Già con gli stoici, però, le cose si complicano. I sofisti avevano negato ogni possibilità di conoscere e gli scettici avevano ripreso questa tesi con fior di argomenti. Gli stoici sono convinti che esistano sia molte entità del senso comune che astratte, ma si rendono conto che conoscerle è un’impresa tutt’altro che semplice.
La filosofia moderna nasce intrisa di scetticismo, soprattutto relativamente alla percezione. I razionalisti, quindi sono, nel nostro senso, realisti scientifici, mentre gli empiristi, tendono a negare sia il realismo di senso comune che quello scientifico.
Solo nel Novecento, viene ripresa pienamente la posizione stoica, secondo cui ci sono sia entità percepibili che astratte, ma conoscerle è molto complicato. I filosofi che hanno maggiormente contribuito all’imporsi di questo nuovo realismo sofisticato sono stati Sellars e Popper, padri della filosofia contemporanea.
Per chi fosse interessato, ad aprile abbiamo organizzato a Urbino una conferenza internazionale proprio su questi temi. La conferenza era dedicata al professor Mario Alai, che ha insegnato epistemologia per tanti anni a Urbino.
Vincenzo Fano è docente ordinario di Logica e Filosofia della Scienza presso il corso di laurea magistrale in Filosofia dell’Informazione. Teorie e Gestione della Conoscenza dell’Università degli studi di Urbino Carlo Bo.