Si sente spesso dire che ci vorrebbe un nuovo umanesimo. Giustamente Heidegger, nella sua Lettera sull’umanismo, ha notato che un certo tipo di umanesimo è morto. È morto cioè l’umanesimo che metteva il genere umano oggettivamente al centro del cosmo. Ci sono pochi dubbi che nell’universo così come lo conosciamo, il genere Homo sapiens, comparso circa 200.000 anni fa e destinato come tutte le specie a estinguersi, gioca un ruolo del tutto marginale. Fra l’altro, per quel che ne sappiamo, la vita come la conosciamo noi, sulla Terra c’è da più di 3 miliardi di anni e ci sarà ancora per circa 1,5 miliardi, dopo le condizioni saranno impossibili per ogni forma di vita conosciuta.
Inoltre la Terra è un granello di polvere in un universo osservabile di quasi 100 miliardi di anni luce di diametro e che forse è infinito.
Dunque, se è possibile un nuovo umanesimo, esso non può che essere soggettivo, cioè posto da noi. Siamo noi che decidiamo che le persone sono al centro del nostro interesse.
E questa è un’idea ottima, visto che, a parte per pochi misantropi totali, le persone desiderano interagire fra loro in modo significativo.
C’è però da dire che la natura umana non è una cosa stabile. Se la identifichiamo con il nostro patrimonio genetico medio, essa cambia. E anche abbastanza in fretta. Noi siamo molto meno violenti di quanto eravamo prima della rivoluzione agricola. E anche negli ultimi 2000 anni sono stati rilevati cambiamenti genetici medi significativi.
Non solo, l’umanità ha cambiato radicalmente il suo modo di vivere con la rivoluzione agricola e di nuovo con quella industriale. Un nuovo umanesimo dovrà tenere conto di queste importanti variazioni.
La cosa più difficile, però, per un nuovo umanesimo, sembra essere il carattere effimero di ognuno di noi. La malattia, la sofferenza fisica e psicologica, la morte fanno parte in modo essenziale della condizione umana.
Ci sono molti importanti modi di attenuare questi limiti, ma non possono essere superati, se non con un atto di fede, che però va al di là della razionalità e quindi della riflessione filosofica.
Insomma, non è facile pensare un nuovo umanesimo.
Vincenzo Fano è docente ordinario di Logica e Filosofia della Scienza presso il corso di laurea magistrale in Filosofia dell’Informazione. Teorie e Gestione della Conoscenza dell’Università degli studi di Urbino Carlo Bo.