È uscito recentemente su La Voce un bell’articolo che riassume i risultati di una ricerca dell’Eurostat sull’andamento dell’occupazione nei settori culturali.
Ne emerge che l’occupazione culturale è sostanzialmente in ripresa nel biennio 2021-2022, con un aumento nei paesi UE del 4,5 per cento, corrispondente a un aumento del 3,86 per cento per gli uomini e di ben il 5,12 per cento per le donne. Queste sono le statistiche per il settore in generale, ma se andiamo a vedere nel particolare notiamo che non tutti i sotto settori hanno conosciuto la stessa ripresa post-Covid. I dati sono particolarmente positivi per i settori audiovisivo, arte e intrattenimento, mentre il recupero per l’editoria è quasi nulla e registrano dati in calo le attività di stampa e radiofoniche.
Assistiamo anche a una diminuzione del divario di genere, con una differenza di 1,6 punti percentuali nel 2022 rispetto agli 8,4 nel 2013, anche se i dati non permettono di capire i meccanismi dietro questi miglioramenti (che potrebbero essere dovuti tanto a un miglior ingresso nel mercato del lavoro delle donne quanto a un relativo peggioramento delle condizioni di lavoro).
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, la categoria degli artisti-autori sembra essere diventata più fragile: nel 2022 cala la quota di lavoratori con un contratto di lavoro a tempo indeterminato mentre aumenta quella degli autonomi; aumenta però la quota di lavoratori a tempo pieno e con un solo lavoro.
Da questi dati è possibile capire come le statistiche a volte possano essere ingannevoli: dietro un miglioramento generale dell’occupazione culturale si celano infatti situazioni e contesti fortemente eterogenei.
Matteo Bedetti è un dottorando in filosofia della scienza presso l’Università degli studi di Urbino.